mercoledì 26 novembre 2008
L’ENERGIA DI HIGH SCHOOL MUSICAL DA DICEMBRE AL BRANCACCIO
martedì 25 novembre 2008
Malie d'amore e antichi canti lucani: la magia di "Vito ballava con le streghe"
giovedì 16 ottobre 2008
Tra passione e indignazione: Dario Fo e Franca Rame in mostra a Roma
martedì 23 settembre 2008
Intervista: "Under the radar", il nuovo album-diario di Daniel Powter / Interview: "Under the radar", the new album-diary of Daniel Powter
lunedì 15 settembre 2008
Dentro, la musica - Reportage da Rock in Rebibbia
Arrivare dentro
Ho camminato fino alla pesante struttura del carcere, l’immensa costruzione inglobata dalla città, nascosta, ma allo stesso tempo visibile a tutti. L’ingresso è imponente, il viale d’accesso, via Raffaele Majetti, fa impressione per la sua larghezza e l’assenza di automobili, se non quelle della polizia penitenziaria e della volante dei carabinieri che arriva a sirene spiegate. Cammino vicino al muro di cinta non più alto di quello di una villa, vedo spuntare una rete da calcio. Seguo la recinzione fino all’ingresso del Nuovo Complesso. Da qui non si vedono celle o sbarre evidenti, sembra quasi di trovarsi davanti a un luogo come un altro. Controllano il mio nome, prendono il documento e dopo una rapida perquisizione sono dentro. Percorro un piccolo spiazzale da solo, poi, davanti a una grande porta blindata, che intuisco essere la vera entrata, mi aspettano alcune guardie pronte a portarmi nel luogo prestabilito. Sembrano quasi divertite davanti ai miei sguardi che si posano sulle porte di ferro, sui cancelli con le sbarre, sui monitor della sicurezza. Una di loro mi accompagna lungo un corridoio con pieno di trompe l’oeil sulle pareti per simulare rovine romane e di teche piene di reperti trovati durante la realizzazione della prigione. “Come le sembra?” mi chiede il secondino. “Qui quasi bello – rispondo – diverso da come s’immagina”. Sorride: “È quello che fanno vedere alle autorità, il resto non è così…non è male, ma…un po’ differente”. Annuiscono: “Tornerò a vedere il resto, allora” rispondo. Poco dopo sono fuori, in un grande, immenso cortile che per la cura architettonica sembra quasi la piazza di una tranquilla cittadina di provincia, con scale, panchine, vasi pieni di fiori. Davanti alla chiesa, rialzata da pochi scalini c’è una zona dove è stato allestito un palco. Nello spiazzo antistante non c’è ancora nessuno, ma i ragazzi sono già vicino agli strumenti a confabulare. È così che conosco i componenti del gruppo nato grazie al programma di Mtv, Rock in Rebibbia. Detenuti con la passione per la musica che hanno trovato il modo di evadere per qualche ora dalle loro celle. Se appena arrivato sono rimasto un po’ sulle mie è bastato poco a sciogliermi. Li avevo visti in televisione, avevo letto le loro storie, mi ero commosso. Dal vivo è stato più forte, un pugno nello stomaco. Perché la loro simpatia e il loro entusiasmo mi hanno subito coinvolto.
Musica d’evasione
I primi che conosco sono Valentino e Rocco, tastierista e bassista del gruppo, entrambi con indosso la maglietta del September Festival che organizza questo concerto, come molti altri in giro per Roma oggi per ricordare l’attentato dell’undici settembre. Subito mi raccontano la loro passione per la musica, scoperta grazie al programma che per quattro mesi ha portato grandi nomi del pop e del rock a esibirsi con loro, ma, soprattutto, gli ha dato modo di far conoscere le loro storie. “Siamo un po’ fuori forma, qualche accordo salterà di sicuro” dice Valentino, un ventiquattrenne simpatico e un po’ grassottello, coinvolgente con la sua allegria. “È da aprile che i maestri se ne sono andati e abbiamo provato poco – continua –. Ci sono sempre problemi organizzativi, è difficile ritrovarsi. Però vogliamo continuare, anzi, mi piacerebbe portare la band in tournèe. In molti ci apprezzano, ma ci sono stati cantanti che hanno detto: ‘come, noi tanti anni di gavetta e questi, il peggio della società, che si mettono a fare i musicisti su Mtv’. Per fortuna non la pensano tutti così”. Valentino è rumeno, della Transilvania, appena arrivato in Italia è diventato elettricista, poi ha perso il lavoro. Le difficoltà insormontabili l’hanno portato a provare la strada del crimine, ma è stato arrestato prima per truffa senza finire in carcere e poi è arrivata la condanna a tre anni per aver rubato un’auto. Ora ha capito che per il crimine non è proprio portato. “Siamo pronti per questo concerto per la pace” dice Rocco. Capelli brizzolati e pizzetto, un volto quasi cinematografico. Ha trentadue anni, ma sembra più grande, il carcere invecchia e lui qui ha passato dodici anni, dopo un tentativo di furto finito male, con la morte di un maresciallo. Allora era un ragazzo, adesso è un uomo ed è diventato il consigliere di tutti i ragazzi in difficoltà tra le sbarre. È serio e rassicurante allo stesso tempo, ti mette a tuo agio. Parlandoci non penseresti mai che ha ucciso un uomo. La sua storia davvero fa capire come basti pochissimo a cambiare la propria vita e a farsi ritenere un mostro da chi non conosce l’uomo dietro i gesti. Roberto è un chitarrista, 37 anni, capelli un po’ scarmigliati e occhiali, un passato da truffatore professionista, un presente da operatore per un call-center in carcere e studente di giurisprudenza. Per uno preciso come lui stare nel gruppo è stato bello, ma molto faticoso: “È difficile mettere insieme persone così diverse – racconta – perché qui ogni giorno ognuno ha uno stato d’animo. C’è chi è depresso, chi è triste perché ha appena lasciato la figlia e non sa quando la rivedrà. Eppure devi suonare lo stesso. La musica per noi è stato un bel pretesto per stare insieme, per conoscerci, per stare in una comunità. Perché alla fine noi siamo qui perché non abbiamo saputo stare con gli altri”. Col suo cappellino, la fascia la polso e i tatuaggi, tra cui spicca il nome di sua figlia, Matteo è il rapper del gruppo. Non solo, perché con due bacchette in mano riesce a tirare fuori l’anima dalla batteria. La canzone, scritta e rappata da lui, che apre il concerto rivaleggia e batte tutte le denunce dei cantati tanto di moda in Italia adesso. C’è verità nelle sue parole, nel suo grido universale di conquista della propria libertà, la volontà di esprimersi. “Raccontare le nostre storie le decriminalizza – mi spiega – non tutti hanno fatto un reato per il gusto di farlo. La musica è stata una grande esperienza, perché io ho sempre fatto il dj. Ora mi piacerebbe che il laboratorio diventasse permanente, perché alcuni di noi stanno per uscire e il gruppo perderà alcuni componenti”. Presto sarà fuori anche lui, dopo una dura reclusione per narcotraffico, cominciata con l’arresto e la detenzione per due anni in Ecuador.
Un pubblico, un mondo
Mentre parliamo il piazzale si è riempito di gente e il concerto deve cominciare. Insieme a un altro fotografo scendo tra la folla di detenuti per fare una foto da lontano. Non ci è permesso fotografare il carcere, né tanto meno le persone a parte i musicisti, quindi nelle foto sono tutti di spalle. Lì in mezzo mi rendo conto di essere in mezzo a gente comune, di diversa provenienza etnica e sociale, di diversa età, sono tanti i giovani e ci sono anche quelli vecchi, molto, molto vecchi, che ti aspetti di vedere in piazza o in un parco pubblico, non qui. Ci sono africani che ballano, e ci sono anche i transessuali. Vedo facce di persone normali, vestite con abiti di tutti i giorni. In Italia non si usa la divisa e io l’ho sempre trovato un segno di civiltà, anche se per chi non ha niente può essere un problema, ma per questo ci sono le tante associazioni di volontariato. Più tardi incontro anche una volontaria della Comunità di Sant’Egidio per mi racconta di lavorare a Rebibbia da dieci anni. Mi lascio trasportare dalle canzoni, recitate, ancora più che interpretate da Francesco, il cantante del gruppo e dalle sonorità degli altri componenti: solo con il nuovo chitarrista e con Nassik, il percussionista, non ho ancora parlato. Li fotografo mentre spaziano da Vasco Rossi ai Beatles, dai Pink Floyd a Lucio Battisti, e gli arrangiamenti sono quelli che gli hanno insegnati i maestri di Mtv, ma riescono a stupire chi li aveva già ascoltati con nuove sonorità e pezzi inediti. Davanti al palco, tra i detenuti, infatti, ci sono alcune ragazze che hanno partecipato alla produzione e al montaggio di Rock in Rebibbia. Conoscono bene i ragazzi, sono amici e confidenti ormai, e raccontano anche a me com’è stata l’esperienza. “Pesante, intesa, molo bella, ma indescrivibile – dice Lorena che lavora per la Wilder – è stata difficile sia dal punto di vista umano che lavorativo, ha richiesto tanto impegno”. Poi una canzone risuona emblematica: Lucio Battisti con “Il mio canto libero”. Cantata qui, a pochi giorni dall’anniversario della morte del cantautore, assume un significato tutto particolare. Poi, dopo un arrangiamento da brividi di “Another brick in the wall” finisce la prima parte del concerto. I ragazzi di Rock in Rebibbia lasciano il palco ai Four Vegas, gruppo rock anni trenta, che, spaziando dal twist al blues, fanno ballare un po’ tutti. Io ho l’occasione di conoscere qualche altro componente del gruppo. A partire da Francesco, il front-man della band, che veramente si è buttato anima e cuore nel gruppo, nonostante la terribile perdita del fratello qualche giorno dopo l’inizio delle prime prove, un duro colpo, che insieme agli otto anni per concorso in omicidio a causa del coinvolgimento in una rissa in cui è morta una persona, per lui “è la batosta più dura della mia vita e ne ho avute tante. Ma passerà anche questa”. Francesco si è sempre proclamato innocente, si dice rassegnato, ma sul palco tira fuori l’energia per cantare. “Qui si soffre in silenzio” mi dice e poi vuole vedere le foto che ho scattato. Allora arriva anche Nassik, nordafricano, che con i suoi 21 anni è il più giovane del gruppo ed è anche il più taciturno. Arrivato in Italia a sedici anni alla fine è rimasto coinvolto nel giro dello spaccio e in una rapina e il carcere l’ha inghiottito sottraendolo ai suoi familiari che non sanno che è qui. Gli scatto una foto insieme, l’unica posata della serata.
Un gruppo di amici
Poi ci godiamo il concerto e continuiamo a chiacchierare sia con loro che con gli altri del gruppo. In quel momento non c’era differenza tra noi e un gruppo di amici a uno spettacolo. La mia naturale tendenza a stringere subito legami me li ha mostrati subito per quello che erano, persone normali, come si definisce subito Francesco, “anche se molta gente non lo sa o non vuole vederlo”. Non ho pensato a quello che avevano fatto, a dov’erano in quel momento. Solo dopo ho riletto le loro storie per associarle ai visi, alle parole. Ed era molto difficile, perché dove gli altri vedono sentenze di condanna io ho visto persone. Non posso guardare i loro cuori, non posso sapere le loro vere intenzioni, ma lì ho pensato che davvero tutti meritano una seconda possibilità. Mi sono reso conto di che cosa assurda sia il carcere, il pensiero di uomini che tengono imprigionati altri uomini che hanno fatto del male ad altre persone. È terribile nella sua crudezza, nella sua ideazione. Necessario per la società, anche se si vorrebbe che così non fosse. Spesso ci dimentichiamo del patto che ci unisce tutti per creare uno Stato con le sue leggi, dimenticandoci le basi, da dove siamo partiti, e cosa rischiamo se infrangiamo le regole. Del carcere ci si vuole dimenticare, invece dovrebbe essere parte integrante della vita, proprio per trovare un modo di superarlo. Questo concerto sta a dimostrare che un errore non può pregiudicare una vita. Ne è convinto anche il direttore del penitenziario di Rebibbia, Carmelo Cantone, che sulla rieducazione ha basato la vita del carcere. “I ragazzi hanno suonato benissimo – mi dice poco dopo la fine del concerto – ormai Rock in Rebibbia è un marchio di fabbrica. Questa esperienza è importante per dare un senso alla vita in carcere e continuerà insieme ai tanti laboratori che sono già avviati: il teatro e i corsi manuali, quello multimediale e altri. Il programma di Mtv – spiega – è stato molto positivo anche per la società, perché ha mostrato uno spaccato del carcere che ha fatto riflettere molti. Non è facile gestire una comunità così grande, persone così diverse”. Gli dico di essere rimasto colpito da quello che ho visto in cortile: “Sì, ci sono vecchi, ma anche tanti, tanti giovani, questo dispiace, sì, ma è da loro che dobbiamo partire per ricostruire la società”. Il concerto finisce quasi all’improvviso e il senso di vuoto è spiazzante. Il cortile si svuota e i detenuti tornano in cella, la vita del carcere deve riprendere, come sempre. Saluto i ragazzi della band che mi hanno fatto vivere un pomeriggio speciale. Spero di rivederli, di sentire come continuano le loro storie. Per ultimo parlo con Al Bianco, cantante dei Four Vegas che per descrivere l’esperienza non può che usare l’aggettivo preferito del gruppo: entusiasmante. “Cantare davanti a un pubblico così non solo è stato emozionante, ma anche costruttivo. Spero davvero di poterlo rifare”. E i ragazzi di R‘N’R? “Loro sono fantastici! Non potevo credere che quel rap all’inizio l’avessero scritto loro, è davvero incredibile, sono bravi”.
Uscire fuori
Una guardia penitenziaria mi riaccompagna per il lungo corridoio verso l’esterno. La mente e il cuore sono pesanti, i pensieri si aggrovigliano, i sentimenti sono contraddittori. Il prima e il dopo è diverso. Raccontarlo non basta, bisogna viverlo. Cammino nella strada che costeggia le mura. Sento delle voci provenire dal campo di calcio, o forse me le sono immaginate, chissà. Ora ho visto cosa c’è oltre quella barriera. Quel tratto di strada mi sembra enorme, infinito. Mi chiedo come debba essere percorrerlo dopo aver aspettato tanto tempo. Mi sembra un’eternità. Sono fuori e tutto mi pare illuminato da una luce nuova: la gente mi sembra strana, per un momento credo davvero che tutti possano commettere un reato da un momento all’altro. Non vedo differenze. Me ne sto andando a casa tranquillo lasciando tutto quel mondo alle spalle, e domani avrò altre cose da fare e questo pomeriggio sarà un ricordo. Non riesco a essere indifferente, ma dall’altra parte non voglio farmi coinvolgere troppo. Nella testa il rock si mischia con le emozioni. Non mi resta altro che fare come mi hanno chiesto, spedirgli le foto e, ovviamente, raccontare la loro storia.
lunedì 25 agosto 2008
112.896 fotografie per il mosaico più grande del mondo / 112896 photographes for the biggest mosaic of the world
A "Life in Gubbio" reading di Raiz, cantante ecologico / During "LIfe in Gubbio" reading by Raiz, the ecologist singer
venerdì 22 agosto 2008
A "Life in Gubbio" un documentario sui barboni / During "Life in Gubbio" a documentary on clochards
giovedì 31 luglio 2008
Mangiatori di bambini: "Animanera", film di Verzillo / Children Eater: "Animanera, movie by Verzillo
Sono 600 i bambini vittime di pedofilia lo scorso anno in Italia, 100mila i potenziali pedofili, mentre l’introito medio di un sito pedopornografico è di 90mila euro. È da queste cifre che parte “animanera”, film autoprodotto per la regia di Raffaele Verzillo, presentato oggi a Roma. Realizzata nel 2006, solo adesso la pellicola ha trovato un canale di distribuzione attraverso
giovedì 3 luglio 2008
Attendere l'arte: "Sala d'Attesa" alla Sala Uno / Waiting for Art: "Waiting room" in Sala Uno
Sala d'Attesa
SALA 1
Piazza Di Porta San Giovanni 10 (00185)
+39 067008691 (info), +39 067008691 (fax)
salauno@salauno.com
www.salauno.com
venerdì 18 aprile 2008
Musei on the road - Graffiti lucani / Museum on the road - Graffiti from Basilicata
Il Comune di Potenza già da quattro anni è all’avanguardia in questo campo: esiste un regolamento per la “spray-art”. “Chi vuole fare un graffito può chiedere un tesserino al Comune – racconta Giancarlo Grano, dirigente del dipartimento ambiente – poi bisogna inviare la foto del luogo dove si vuole disegnare e un bozzetto. Qualsiasi superficie in cemento armato è adatta”. Oltre 120 tesserini sono stati assegnati, perché, come dice Grano, “è meglio disciplinare che reprimere”, riconoscendo il valore dei graffiti.
Dario Carmentano, artista materano che lavora con icone e parole di impatto sociale, nei musei c’è entrato, e non ha dubbi a definire i graffiti come “una forma d’arte ormai consolidata”. In un mondo in cui le modalità espressive sono sempre più trasversali “invadere gli spazi non istituzionali di una città è un’esigenza legittima – dice Carmentano –. Certo, disturba, perciò bisognerebbe censire gli spazi da rendere disponibili, lasciando comunque un margine di libertà”. L’artista evidenzia anche la necessità di trasformare il vecchio mondo culturale: “L’arte cambia, cerca nuovi linguaggi. Può sembrare provocazione, invece, è denuncia della realtà vera. I musei – continua Carmentano – sono istituzioni troppo statiche, non rispondono alle esigenze di comunicazione dell’arte contemporanea che si esprime in modo occulto, indiretto, senza che a volte rimanga traccia dell’opera in sé”. I graffiti sono espressione della fugacità dell’arte, che resta su un muro, ma viene presto ricoperta o cancellata dalle intemperie, vivendo, però, nella forza del gesto di chi ha voluto raccontare tutto il mondo che ha dentro. E le città sono eterne gallerie a cielo aperto.
domenica 30 marzo 2008
Mostre a Roma 2: Ottocento e Renoir / Exhibition in Rome 2: XIX century and Renoir
Chi non ama il Novecento? Le avanguardie, le trasformazioni, la tecnologia, l’informatica…mai l’arte è cambiata quanto in questo secolo. Eppure non è possibile comprendere la ricchezza di quegli anni senza guardare alle basi su cui sono nate: quelle prime gocce di rivoluzione sgorgate nell’Ottocento. Mai una mostra aveva indagato tanto bene su questo secolo come quella in corso alle Scuderie del Quirinale. Un’esposizione interessante, sia per l’allestimento che per le opere esposte. Le luci creano splendide ombre sui corpi dei “Pugilatori” di Canova con lo sfondo del “Quarto Stato” di Pelizza da Volpedo: un accostamento originale e di sicuro impatto per chi comincia il percorso. Il grande protagonista della mostra, però, è Francesco Hayez, presente non solo con lo splendido “Bacio”, ma anche, tra gli altri, col magnifico “Pensiero malinconico” (nella foto), dove gli occhi tristi di una donna emozionano profondamente, e “Venere che scherza con due colombe”. Man mano che si procede nella mostra si vede come gli stili classici vengano abbandonati, e i soggetti cambino, diventando più bui, come il tenebroso “Asfissia” di Angelo Morbelli, scena del suicidio di due amanti. Cupi presagi di un secolo, il Novecento, dove l’uomo ha saputo mostrare la sua parte più luminosa, ma anche l’oscuro abisso della sua anima.
Paesaggi dai colori così chiari che quasi scompaiono sulla tela, ritratti delicatissimi, nature morte classiche. La mostra in corso al Vittoriano dedicata a Renoir espone varie opere del pittore francese, senza portare in scena, però, alcun grande pezzo. Ricalcata su quelle che hanno riempito in precedenza la struttura è prevedibile e quasi stucchevole in alcuni punti. Un allestimento scarno e sonnacchioso non riesce a dare quel qualcosa in più allo spettatore, una tendenza che, purtroppo, contraddistingue le mostre del Vittoriano, che puntano tutto sui grandi nomi, senza offrire effettivamente belle opere e bei contorni. Quasi in contrapposizione con le altre mostre presenti nella Capitale, qui il classicismo appena stemperato da punte di impressionismo di Renoir non riesce a emozionare fino in fondo. Ciò che resta è una frase dell’artista: “Il problema con l’Italia è che è troppo bella. Perché preoccuparsi di dipingere quando si ricava un tale piacere semplicemente guardandosi intorno?”. Sembra quasi un invito a lasciar perdere e a farsi una passeggiata per Roma. Peccato che piova.
Mostre a Roma 1: Velocità e Cina / Exhibitions in Rome 1: Speed and China
Al rinnovato Palazzo delle Esposizioni si indaga il rapporto tra arte e velocità, un binomio che subito richiama il futurismo, presente con opere di Marinetti, Depero, Gambini, ma anche i motori. Si possono ammirare, infatti, automobili da corsa che hanno fanno la storia dello sport, come
Il secondo piano del palazzo delle esposizioni è cinese. Niente fasti imperiali, né falsi da vendere per strada, ma il meglio dell’arte cinese contemporanea, in rottura con il classicismo. Una mostra interessante, anche se ci si aspettava qualcosa di più. Al di là della spettacolare opera di Liu Xiaodong (nella foto) realizzata proprio per la mostra e delle foto monumentali di Wang Qingsong. Le opere esposte non saziano del tutto l’appetito, forse perché da profani del panorama contemporaneo cinese ci si aspettava qualcosa di meno occidentale…
mercoledì 12 marzo 2008
Kipasso: il pittore sonnambulo / Kipasso: the sleepwalking painter
Articolo su Corriere.it: http://www.corriere.it/cronache/08_marzo_09/artista_sonnambulo_2898523a-edd2-11dc-9669-0003ba99c667.shtml
Articolo su Daily Mail: http://www.dailymail.co.uk/pages/live/articles/news/news.html?in_article_id=528574&in_page_id=1770
venerdì 7 marzo 2008
Un Van Gogh di sushi! / A Van Gogh made of sushi!
mercoledì 5 marzo 2008
L'Escher incompiuto è completato: sorpresa al Festival della Matematica / The incomplete Escher is completed: surprise at the Mathematics Festival
martedì 4 marzo 2008
Il National Geographic alla ricerca della "Battaglia di Anghiari" / National Geographic searching for the "Anghiari battle"
domenica 2 marzo 2008
Jan Dix, l'eroe del fumetto è un critico d'arte / Jan Dix, the comic's hero is an Art Critique
Alcune tavole su Comicus: http://www.comicus.it/view.php?section=anteprime&id=442
There was the nightmare detective (Dylan Dog), the mystery one (Martin Mystere) and the futuristic one (Nathan Never), but in Bonelli publishing house the art investigator was missing. From May, however, a new charather is come to take this place: it's Jan Dix, an art critique from the Netherlands, protagonist of the new bimonthly miniseries of forteen episodes created by Carlo Ambrosini for Sergio Bonelli editore. The first number "Death of a painter" will be set in Hungary feauting a joung painter fascineted by Vermeer. In the second one "The jaguars' room" a ghost feline leaves death in the streets od Amsterdam, while in the third episode Jan Dix will be trapped in a "Wonder's chamber" full of human machines and related with a serial killer. An interesting miniseries, but after the strong continuity of Volto Nascosto, the episodes here are disconnected each other.
venerdì 29 febbraio 2008
Il segreto del blu dei Maya/ The secret of the Maya's blue
sabato 23 febbraio 2008
Critica d'arte sviene a causa della sindrome di Stendhal / Art critique faint because of the Stendhal Syndrome
L'arte emoziona, ma quando l'emozione è troppo forte allora ecco che arriva la Sindrome di Stendhal. Questo è ciò che è accaduto a Francesca Fraticelli, storica dell'arte e addetta ai beni culturali della Provincia di Chieti, che ieri davanti all'originale della "Venere e Adone" del Canova, ospitata alla Bit di Milano, è svenuta. L'assessore al turismo del Veneto, Luca Zaia, le ha donato la medaglia commemorativa, realizzata per i 250 anni dalla nascita del grande scultore. «C'è chi l'arte la vede, chi la sente» ha commentato. Io non sono mai svenuto davanti a un'opera d'arte, ma ci sono state volte in cui ci sono andato vicino: non dimenticherò mai il tripudio di opere bellissime alla mostra a Venezia per i cento anni di Salvador Dalì...
Art emotion, but when the emotion is too strong then there is the Stendhal Syndrome. That's what happened to Francesca Fraticelli, art history scholar and responsible for cultural heritage of Chieti, who yesterday fainted facing the original of "Venus and Adone" by Canova, hosted in the Bit of Milan. The turism assessor of Veneto, Luca Zaia, gave her a commemorative medal for the 250 anniversary of the sculptor. "There is who see the art, and who feel the art" she said. I've never fainted facing an art work, but sometimes I was near to do that: I will never forget the triumph of magnificent operas in the exhibition in Venice for the 100 anniversary of Salvador Dalì...
venerdì 22 febbraio 2008
Termini congelata / Frozen Termini
http://frozentermini.blogspot.com/
Everyone frozen in Termini station in Rome for an Ice Action! A real metropolitan artistic happening! That's how Art goes around the people, crashing the daily routine, where there is no space for no-action, silence and reflection.
martedì 19 febbraio 2008
Ritrovati due dei dipinti impressionisti rubati / Found two of the stolen impressionst paintings
The swiss police says it found two of the four masterpieces stolen from the museum of the Buehrle Collection of Zurich last week. The paint "Poppy field at Vetheuil" by Claude Monet and van Gogh's "Blooming Chestnut Branches" were discovered by the police in a white car in a parking lot in front of the Burgholzli mental hospital yesterday, around 500 metres from the robbery place. Painting still missing are "Ludovic Lepic and his Daughter" by Edgar Degas and "The Boy in the Red Vest" by Paul Cezanne. The complessive amount of the four paintings is above 110 millions of euro. The police, however, still don't have news about the thieves.
http://www.baltimoresun.com/news/world/bal-paintings0219,0,5925885.story
Una giraffa plastinata per Gunther von Hagens / A plastinated giraffe for Gunther von Hagens
There is art and art, the one more classic and the one more provocative. The controversial German artist-anatomopathologyst, Gunther von Hagens, definetely belong to the second category. Famous for his exhibition of "emblamed" cadavers, console himself with giraffes after his failed tentative to sell also to privates sections of human body treated with his special patented process called "plastination". Von Hagens, says in these days the popolar German newpaper Bild, is, in fact, preparing a giraffe and two elephants that will be treated to be exposed in the zoo of Neunkirchen (South-west German). "The body of the giraffe get hardened and cut in slices with our special process - said Von Hagens to the newspaper -. I'm proud of this performance. These animals will offer a great show, it will be possible to see all their organs, in the smallest details, and also for veterinaries will be a completly new experience". I don't know what you think, but read this news really make jiggle my open conception of art. The disgust was stronger.
lunedì 18 febbraio 2008
Spiral Jetty in pericolo / Spiral Jetty in danger
Spiral Jetty, the "spiral dock" that goes in the Great Salt Lake of Utah, the most famous work of Robert Smithson and the masterpiece of american Land Art is in danger. A Canadian oil-bearing society, Pearl Montana Exploration and Production, is going to dig from some paltforms near Rozel Point, at the margins pf the lake: the spiral can be hard damaged by the vibrations of the drills. A group of artists and the Dia Foundation for the Arts located in New York moved to save Spiral Jetty
mercoledì 13 febbraio 2008
Un'ora e quarantacinque minuti di silenzio / An hour and forttfive minutes of silence
http://www.nationaltheatre.org.uk/thehour
http://www.youtube.com/watch?v=oSQzIViLzvE
Who is lucky being in London in these days can take for himself an hour and fortyfive minutes of silence. It can be interesting to go to the National Theatre to watch "The Hour We Knew Nothing of Each Other" di Peter Handke. During the performance on the stage there are 450 characters played by 27 actors. "Thatre dilutes in the essence of watching the others", according to the director. An idea who seems splendid to me, because it takes on the stage our daily experienxes, that teach to listen to the silence and, most of all, to watch to the others. Sometimes we don't need words, eyes are enough to live the magic of theatre.
lunedì 11 febbraio 2008
Fottuti ladri / Fucking thieves
Svizzera: rubati importanti dipinti di impressionisti
ZURIGO - Diversi quadri di pittori impressionisti come Cezanne, Degas, Van Gogh e Monet sono stati rubati ieri da un museo di Zurigo. Lo ha annunciato la polizia locale precisando che il valore delle opere si aggira sui 100 milioni di franchi (circa 66 milioni di euro). (Agr)
Io davvero non sopporto questi ladri che si accaniscono sulle opere d'arte, ci sono molti altri modi per fare una bella rapina danarosa: potevano svaligiare una delle tante banche svizzere e invece no, rubano quadri. Chiunque possieda un'opera d'arte ha una responsabilità verso tutto il mondo, perché ogni singolo quadro o scultura, ecc, è parte del patrimonio culturale di tutti noi. Commissionare un furto, o rubare un'opera d'arte, è un crimine verso l'umanità!
http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/esteri/zurigo-furto-quadri/zurigo-furto-quadri.html
There are not many news that can make me angry like this one:
Switzerland, important impressionist paintings stolen
Zurich - Many painting of impressionist painter like Cezanne, Degas, Van Gogh e Monet were stolen yesterday from a museum in Zuruch. It was announced by the local police that specified that the value of the painting is around 100 millions of francs (aroud 66 millions of euro). (Agr)
I can't really stand this thieves who continue to steal art pieces, there are many other ways to do a good money-ful robbery: they could choose to burgler one of the many switzerland banks, instead they steal paintings. Who own a art pieces has a responsability towards the entire world, because every single painting or sculpture, etc., is part of the cultural heritage of every one of us.
To commission a theft, o steal an art piece, is a crime towards humanity!
venerdì 8 febbraio 2008
Perché il cinema italiano non è americano? / Why Italian Cinema is not American?
Le risposte mi hanno messo profonda tristezza, forse perché sono state interpellate le persone sbagliate. Si sa che in Italia la fantascienza è un genere che proprio non tira, insieme al fantasy, mentre basta metere in scena un omicidio e tutti sono contenti, ma mi sembra assurdo dire che non ci sono gli attori e i libri. Le storie ci sono e sono tante, basta vedere quanti fumetti fantasy e di fantascienza ci sono in giro. Gli attori bravi si trovano, non capisco perché uno possa interpretare un poliziotto figo e non un cavaliere spaziale. Mi viene in mente Raul Bova esportato a Hollywood. E sicuramente i registi giovani e con tanta inventiva ci sono. La verità è che nessuno ha voglia di investire in un film che non sia un tristissimo e stomachevole film di Natale, l'unico genere che in Italia porta milioni di persone al cinema, senza che nessuno riesca a capire come questo sia possibile...forse ci saranno messaggi subliminali incisi nelle pellicole...
On "Corriere Magazine" of this week there is an article by Antonio D'Orrico that made me think. The title is: "Why Italian cinema can't do a movie like Blade Runner?" Nice question, it's a pity the answers were so sad. It begins with "Genre movie are accursed in Italy. We can't do it". (Fausto Brizzi, director of Night before the exams, who then speaks about some homemade sciencefiction short movie) to "We don't have money, we don't have the market, the actors, the directors, the books" (Neri Parenti, director of Cristhmas movies) until "Are you asking me why Italians don't do an American movie? Is that a question?" (Vincenzo Cerami, autor of "La vita è bella").
These answers made me sad, maybe 'cause people heard were wrong. We know in Italy sciencefiction is not a leading genre, as fantasy, while is enough to put in scene a homicede and every one is happy, but I think is absurd to say that we don't have actors or books. We have many good stories: is enough to see how many sciencefiction and fantasy comics there are. We have also good actors, I can't undestand why an actor can be a cool policeman and not a space knight. I think, for istance, at Raul Bova exported in Hollywood. Surely we have lots of young and good directors. The truth is that nobody wants to invest in a movie that isn't a sad and sweet Cristhmas movie, the only genre that in Italy brings millions of people in the cinemas, while nobody can understand how this is possible...maybe there are some strange ipnotic messagges in the films...
mercoledì 23 gennaio 2008
Rosso fragola / Red Strawberry
Una fragola rossa è arte? Una fragola rotta è arte? Tante fragole rosse su un quadro sono arte? Guardate il video e giudicate voi...
http://www.youtube.com/watch?v=98ZoPtIdR2I&feature=related
Cinema is art, but the amount of art in Across the universe is huge! An extraordinary movie, where Beatles' songs explode in a rain of red strawberries...
Is a red strawberry art? Is a broken strawberry art? Are many strawberries on a canvas art?
Watch the video and juge by yourself...
Il Male, il Realismo Russo, Bosch e Brueghel
lunedì 21 gennaio 2008
Il segreto dell'Arte / The secret of Art
Al Vittoriano a Roma una mostra celebra Paul Gauguin, intanto migliaia di ragazzi riempiono le strade di graffiti. Mantova si prepara a essere invasa da una folla di appassionati di fumetto e qualcuno in questo momento sta scarabocchiando qualcosa su un foglio. Tutto questo è arte, oppure no? Questo post, questo blog, il computer che si usa per leggere queste parole sono arte? Le parole stesse sono arte? Su un articolo apparso nell'ultimo numero di Focus si associava l'arte contemporanea alla provocazione e al fare le cose per primi. Secondo me oggi è più importante il processo creativo del risultato. Ciò che conta è il gesto. E voi che ne pensate? Tutto questo è arte, oppure no? Forse parlandone riusciremo a scoprire cosa c'è dietro la mela di Magritte...