giovedì 16 ottobre 2008

Tra passione e indignazione: Dario Fo e Franca Rame in mostra a Roma



Il Papa con l’ombrello, la sposa a testa in giù, i burattini del teatro, gli arlecchini e le dame: un grande girotondo colorato e lì, al centro del palcoscenico ci sono loro, Dario Fo e Franca Rame, re e regina di quel mondo fatato, non distanti, ma immersi nelle pitture tanto da diventarne parte integrante. La mostra “Pupazzi con rabbia e sentimento”, dopo un lungo tour europeo, sbarca a Roma, alla Casa dei Teatri a Villa Doria Pamphilj, per raccontare 54 anni di matrimonio, ma, soprattutto, una vita al servizio dell’arte e del teatro. “Un’esibizione che nasce dall’amore” la definisce Franca Rame, mentre lei e il marito Dario girano per le sale e si soffermano su quadri e costumi di scena con gli occhi di chi li vede per la prima volta, ma con la mente carica di ricordi. Ecco allora il vestito indossato dalla signora Rame nei panni di Isabella, gli autoritratti, “guardate com’ero a vent’anni” dice Fo e anche le raffigurazioni della sua amata fatte dal giovane Dario, “che dediche che mi scriveva! Fatevele scrivere dai vostri morosi!” invita Franca emozionata. Una mostra che ripercorre tutte le tappe del Fo pittore, scenografo, attore, regista, costumista, scrittore e premio Nobel per la letteratura nel 1997. “L’esibizione è ridotta rispetto a quella originale per ragioni di spazio – racconta la curatrice Marina De Juli – quindi abbiamo condensato tutto il percorso concentrandoci sulle opere liriche divise in vari settori. C’è quello dedicato a Franca, quello sulla commedia dell’arte, sui classici e sui tempi moderni”.


Sentimento e rabbia


La signora Rame parla della sua vita con un uomo che “mangia e disegna, vede la tv e disegna, dorme…e si riposa” e subito ci tiene a dire che “Dario non è cosciente di quello che è e di ciò che fa, è molto umile. Sono 54 anni che siamo sposati e io non gli ho mai buttato benzina addosso insieme a un fiammifero! Ho sempre sopportato la sua indifferenza per il lavoro che fa. Eppure – aggiunge – sono oltre quattrocento le compagnie nel mondo che recitano i testi di Dario, un impegno testimoniato dai due milioni di documenti che abbiamo raccolto finora”. Poi tocca a Fo aprire il suo sipario personale e spiegare le sue visioni. Il polivalente artista, però, non si sofferma sul passato, ma parla del presente, perché “il teatro deve essere diretto al tempo in cui si vive, se no muore”. Qui sta anche la spiegazione del titolo della mostra, dove il sentimento è la passione per ciò che si ama e la rabbia “nasce da una presa di coscienza, dall’indignazione. Il più grande disastro del nostro tempo – spiega Fo – è la disinformazione, non come incidente, ma come progetto. La tv taglia i programmi educativi e sposta ciò che è cultura a notte fonda, lasciando le prime serate per spettacoli indegni, contro il senso civile, ottusa dimostrazione di imbecillità corporea, neanche sessuale, che, invece è più rispettabile. Ormai – continua il premio Nobel – la tv è in appalto ai politivi che impongono i propri temi con la chiave dell’ascolto, in modo che più fai programmi vuoti meno problemi crei. Così però fai un servizio pessimo a tutta la nazione e soprattutto ai giovani”.

Tragedie moderne


Fo rivolge poi l’attenzione a un’altra “tragedia”, la crisi finanziaria: “oggi gli esperti parlano di errori, ma perché non dicono la verità? Qui c’è una truffa organizzata da dieci anni e tutti lo sapevano, è stata una rapina a mano armata contro 35 milioni di americani. E ora si scoprono azioni vuote, di carta, anche da noi”. E proprio perché il teatro deve parlare del presente Fo rivela che nel nuovo spettacolo che ha debuttato ieri sera al Teatro Valle di Roma, “Sotto paga! Non si paga!”, si parla proprio “di questo dramma”. Fo elogia anche gli attori, che “non recitano soltanto, credono in quello che raccontano, nella necessità di indignarsi. Bisogna recuperare questo rapporto tra pubblico e palcoscenico, perché lo spettatore deve uscire bestemmiando e riflettendo. Questo fa crescere il teatro”. È proprio ai giovani che va l’ultimo pensiero dei coniugi Fo a quei ragazzi “che hanno coraggio e che soffrono” nelle scuole e nelle compagnie: “Ai miei tempi – dice Dario Fo – c’erano tanti giovani che recitavano e la Dc, pungolata dalla sinistra, aveva l’intelligenza di sostenere le scuole e i teatri. Oggi gli dicono di andare in tv a fare le marchette. L’Italia è la nazione in Europa dove si investe meno in cultura. E adesso tagliano anche la scuola”. In conclusione un ultimo ricordo del passato, con Fo che parla dell’emozione più grande, quando venne chiamato a Parigi a dirigere Molière, “un privilegio mai concesso a uno straniero”, e fu molto apprezzato, tanto che, racconta Franca Rame, “il presidente Mitterand ci scrisse una lettera di elogio”. Fo sorride e chiosa ironico: “Proprio come fanno ora qui tutti i politici”.